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Carrà, Carlo.

Pittore e critico d'arte italiano. La prima formazione dell'artista avvenne nell'ambiente piemontese attraverso l'attento studio del Ranzoni e del Fontanesi, e si completò nell'Accademia di Brera a Milano sotto la guida del Tallone. Nel 1900 soggiornò una prima volta a Parigi e a Londra, avendo l'occasione di studiare gli impressionisti, i divisionisti francesi e Cézanne. A questa fase, che durò fino al 1910-1911, appartiene Il funerale dell'anarchico Galli (1911), esempio tipico dell'impostazione divisionista. Tornato a Milano, aderì al nascente Futurismo e stese con Boccioni e Russolo il primo manifesto del movimento. Le opere dell'epoca futurista sono ricche di tonalità vibranti; soprattutto profondamente inserite, coerentemente con le poetiche del movimento, nel flusso degli avvenimenti del tempo; ricordiamo il manifesto La pittura dei suoni (1913) e Guerrapittura (1915). Ma le vicende artistiche in Francia, la rivoluzione cubista, appaiono a C. molto più congeniali del farraginoso rivoluzionarismo verbale del futurismo; un primo contatto con il Cubismo l'ebbe nel 1911, durante un soggiorno a Parigi che gli aveva offerto l'occasione di conoscere Apollinaire. Via via il colore nelle sue tele si fa più smorzato, secondo gli attutiti accostamenti dei modelli cubisti. Ma l'adesione al Cubismo non rappresenta un entusiasmo passeggero, dettato dalla moda del momento: ciò che invece attrae maggiormente C. è precisamente la caratteristica riflessiva, fortemente razionalistica del movimento. Con rigore tutto intellettuale, l'interesse dell'artista si rivolge alla ricerca analitica, secondo la quale creerà nel 1915 Le figlie di Lot, opera fondamentale nell'evoluzione di C., poiché rappresenta il punto di passaggio tra la giovanile adesione al Futurismo e la futura arte metafisica. Seguì Il gentiluomo ubriaco del 1916, che denuncia più definitivamente l'abbandono dei moduli futuristi. Questi nuovi orientamenti espressivi maturarono, sotto lo stimolo dei contatti avuti con De Chirico, immediatamente prima dello scoppio della prima guerra mondiale. Appunto con De Chirico, venne elaborandosi in quel periodo uno dei movimenti più originalmente italiani: l'arte metafisica, che assunse forme del tutto autonome da parte dei due artisti. Nella produzione del periodo metafisico, che si prolunga fino al 1920, tutto viene ridotto nei termini di una semplificazione estrema, che elimina ogni particolare aneddotico; alla grandiosità, al concetto di bellezza corrisponde una purezza formale assoluta, trasfusa in immagini immobili nella loro malinconica esistenza, che intende riproporre i valori della migliore pittura italiana, da Giotto a Masaccio, tanto amati e studiati negli anni giovanili dall'artista. Alla fine del conflitto mondiale, C. entrò a far parte del gruppo Valori Plastici, inserendosi autorevolmente nel vasto movimento del Novecento, che raggruppava le personalità più significative del momento. Dal 1920 in poi l'evoluzione espressiva di C. seguì strade del tutto autonome rispetto al proliferare di movimenti, di scuole, di avanguardie: fedele alle più intime esigenze del proprio universo poetico, C. andò alla riscoperta delle proprie origini lombarde, ritornò all'immediato amore per Cézanne, riscoprì il fascino del "naturale" e le infinite possibilità espressive che ne conseguivano: in una parola, fu il ritorno alla "tradizione", alla compostezza, alla concentrazione, al recupero dei valori sommersi dalle movimentate vicende giovanili. Le prime opere che illustrano l'entità della svolta, risalgono al 1924. Tra le altre opere ricordiamo: Marina; La casa dell'amore; Canale; Natura morta con pesce; Natura morta con squadra; Dopo il tramonto (1927); L'amante dell'ingegnere (1921); L'idolo ermafrodito (1917) (Quargnento, Alessandria 1881 - Milano 1966).